LOKI, NARASMSA , NAIRYOSANHA
LOKI, NARASMSA , NAIRYOSANHA
Il fuoco della “Parola Qualificante”
J. Haudry
Da ÉTUDES INDO-EUROPÉENNES Georges DUMËZIL
IN MEMORIAM
1988
8 – Loki : tentativo di sintesi
8.1 Bilancio
Ricostruiamo dunque:
- Una immagine ricevuta in eredità, la “parola di fuoco”;
- Una particolare applicazione di questa immagine come “qualificazione dei signori”, assimilata al fuoco verbale;
- Sulla scorta di Dumezil un tipo psicologico e sociale ereditato, il male nato contestatore, che potrebbe essere simboleggiato dall’immagine ricostruita al punto 7.
L’immagine assimilante al Fuoco la qualificazione dei signori dà la luce ad una entità ambigua come la nozione stessa di “qualificazione”: favorevole come il Narasamsa vedico e il Nairyosanha avestico; sfavorevole come il nrsamsa dell’India classica e del Bricriu irlandese. A questa entità potrebbe essere attribuita la funzione di messaggero (caso particolare di Nairyosanha, in misura minore per Narasamsa e Bricriu) funzione propria al fuoco sacrificale.
La “qualificazione dei signori” sembra essere stata utilizzata durante il rituale del solstizio d’inverno.
Il tipo umano del mal nato e contestatario, rappresentato da nrsamsa delle leggi di Manu, Tersite, Loki e Sirdone, ha come comportamento caratteristico di qualificare negativamente i signori, di fare satira su di loro. Si abbina quindi naturalmente all’immagine di cui sopra, ma può anche allontanarsene o differenziarsene indipendentemente. Questo tipo umano gioca un ruolo nell’ultima era di un ciclo cosmico.
A partire da queste tre ricostruzioni è possibile rendere conto direttamente del personaggio di Loki e di una parte della sua mitologia: il suo ruolo di messaggero, di colui che rischiara, di compagno, nell’episodio dei gigante Geirrodhr. In quello del gigante Thrymr nell’incidente del capro di Thor; così come di altri dettagli, notoriamente la bocca di Thor cucita dai nani (Loki e il tesoro degli Dèi): punizione simbolica di un satirista (che però non appare nell’episodio). E naturalmente la lokasenna così come l’episodio di Loki e Logi. Ma il resto della sua mitologia così non si esplica, come possiamo facilmente constatare. Occorre dunque fare appello alla mitologia del fuoco in generale, supponendo che essa si ricolleghi in secondo luogo al tema del “fuoco della parola”.
8.2 Prospettive
Di fatto nella maggior parte delle leggende nelle quali Loki interpreta un ruolo sembrerebbero suscettibili di una tale interpretazione.
Ecco qualche questione suggestione di cui alcuni beneficiano per identificare direttamente Loki con il fuoco senza passare per il “fuoco della parola” né per il “fuoco messaggero”.
- Loki, gli Dèi e il gigante Thiazi: sviluppo di un mito del fuoco nel quale è inserito un mito annuale (il racconto delle mele della giovinezza di Idhunn);
- Loki e la nascita di Sleipnir: un mito annuale. Il cavallo Svadhilfari ingravida Loki di un cavallo ad otto zampe, che inizialmente non è che Loki stesso, ingravidato di fuoco: poiché questo fuoco, attizzato dal vento, nasce da se stesso (Hav 57); ed è per questo che i Veda lo denomina Tanunapat (figlio di se stesso). L’animale a otto zampe è una designazione della piena femminilità (l’astapadi vedico). Da qui un Loci “aracnide” come l’avrebbe visto R. Boyer;
- Loki e l’oro di Andvari: si tratta del tema del fuoco nelle acque al quale si ricollega quello del figlioletto delle acque, indo iranico. Una di queste chiavi di interpretazione è l’oro, nominato qui come “scintillio delle onde”, come cita Dumezil senza però dedurne conseguenze;
- Loki e il tesoro degli Dèi: Loki-fuoco rasa la capigliatura di Sif come l’Agni vedico “miete i capelli della terra” RV 1,65,8; questo misfatto serve a introdurre il racconto trifunzionale nel quale si vede Loki-fuoco mettere in concorrenza dei fabbri Nani (quindi legati al fuoco in modo semi demoniaco);
- Loki e il furto del gioiello: una versione della conquista del fuoco. Il gioiello è la collana di Brisingar, sarebbe a dire dei “fuochi”; ovvero quelli di Freya, l’aurora dell’anno;
- La punizione di Loki: il mito del fuoco che si nasconde nell’acqua unito a quello del castigo del ladro del fuoco. Il tema della rete appartiene anch’esso alla simbologia del fuoco RV 4,4,1,“Fa della tua massa una vasta rete! Marcia come un re ardente con la sua scorta! / Lanciando loro questa rete avida, tu che sei un arciere, trafiggi i demoni con le tue frecce più ardenti!”
- Loki e la fine del mondo : mito del fuoco distruttore cosmico; Loki vi tiene un ruolo di alleato e di un precursore di Surtr.
- Il ritratto di Loki e della sua “famiglia”, Gylfaginning 19.
Si comincia con tre qualificazioni (“calunniatore degli Asi”, “Primo artefice di inganni”, “Vergogna di tutti gli Dèi e di tutti gli uomini”) che corrisponde rigorosamente al tipo qui definito; è il nrsama-anrtavadin delle leggi di Manu. Ma i nomi dei membri della sua famiglia, se non presentano alcun rapporto con questo tipo, si ricollegano nondimeno, da vicino o da lontano, al fuoco. Fuoco della folgore (suo padre Farbauti “pericoloso assalitore”, suo fratello Byleistr o Byleiptr, cf. bylr “colpo di vento” e leistr “passo, andatura” o “leiptr” “chiarore”).
Abbiamo visto qui sopra (4.2) che la formula ittita “parola di fuoco” si applica ad un proposito ostile del dio del temporale. Quest’ultimo, che associa il fuoco del chiarore al frastuono del tuono, realizza naturalmente l’immagine sulla quale si basa questa formula; fuoco funebre (il suo altro fratello Helblindi, “cieco come gli inferi”, la sua donna Sigyn, “parente della vittoria”: il campo di battaglia, il loro figlio Nari, “aldr nari” fuoco funebre, o Narfi, Norr “padre della notte”. I figli che ha generato dalla gigantesse Angrboda (“colei che procura l’angoscia”): la morte o l’agonia sono degli accoliti del fuoco funebre (Hel) o del fuoco distruttore cosmico (il Lupo Fenrir, la serpe del Midhgardr). Infine sua madre si chiama Laufey “isola di fogliame” o Nal “anguilla”. L’ambivalenza sessuale di Loki si ritrova presso l’Agni vedico RV 4,3,10 vrsa sukram duduhe prsnir udhah prsni. “Maschio egli ha donato il suo latte (estratto dalla sua) mammella, suo latte puro”. Sentita come una simbolica, questa ambivalenza non suscita alcuna riprovazione nei Veda. Va in tutt’altro modo là dove il simbolismo non è più capito. L’ambivalenza appare allora come una depravazione, legata alla marginalità del personaggio.
Ma la ragione originale non è questa: essa risiede nella nozione di fuoco “figlio di se stesso”.
Infine se Loki può vantarsi di essere stato amante di quasi tutte le dee, è perché il fuoco dell’amore ha accompagnato le loro unioni. Per questa stessa ragione, l’Agni vedico è detto “amante delle giovini, sposo delle donne” RV 1,66,8, e l’Agni epico è detto “adultero”.
Le sopravvivenze moderne si basano per una parte sulla figura del Loki Trickster (lui stesso nato dal Male contestatario) per una parte sul Loki di Fuoco (fuoco della folgore, calore della canicola, sole che arde tra le nubi, fuoco nell’acqua).
8.3 Giustificazione dell’evoluzione postulata
Resta ancora da rispondere alla questione iniziale: come il dio del fuoco – tra tutti puro e nobile – ha potuto evolvere presso i Germani in un personaggio così poco raccomandabile? Tuttavia i Germani manifestano per il fuoco la stessa venerazione degli altri popoli indoeuropei, come testimonia del resto questa strofa dell’Havamal “E’ il fuoco ad essere il migliore per i figli degli uomini e lo spettacolo del sole”. La ragione di questa evoluzione paradossale risiede semplicemente nella natura della nostra documentazione. Essa non contiene alcun inno, alcun testo rituale, comparabile ai testi vedici, ai Brhamana o all’Avesta. Essa si compone unicamente di leggende e di poemi che evocano certe leggende, leggende anteriori. Or dunque, il fuoco che i Germani onoravano come tutti gli altri popoli indoeuropei non costituisce la materia di alcun racconto.
Vesta non ha una mitologia, Hestia neppure e P. Grimal ne spiega la ragione “Mentre le altre divinità vanno e vengono per il mondo, Hestia resta immobile nell’Olimpo. Così come il focolare domestico è il centro religioso della dimora, così Hestia è il centro religioso della dimora divina. Questa immobili di Hestia fa sì che ella non giochi alcun ruolo nelle leggende. Ella incarna un principio astratto, l’idea del focolare, piuttosto che una divinità personale.
Le cose vanno in maniera simile per le forme statiche dell’Agni vedico, fuoco del focolare domestico, egli è detto maestro della casa, del fuoco del focolare del villaggio (egli viene dunque detto “capo del villaggio”) o ancora fuoco del focolare tribale (e vien detto “Re”).
Tali fuochi sono il centro della vita sociale e religiosa, che non si lasciano peraltro dissociare; ma il loro culto è scomparso con la cristianizzazione: non hanno lasciato di sé alcuna traccia.
Le cose vanno però in tutt’altra maniera per molti altri aspetti del fuoco, che gli inni vedici menzionano in maniera allusiva, o che evitano (come tutto ciò che ricordi la duplicità fondamentale del Fuoco, per esempio la sua fuga nelle acque).
Passando costantemente dal mondo delle tenebre a quello della luce, ogni volta che lo si accende, come viene fatto la prima volta, quando abbandonò il padre “Asura” per Indra e il regno dei deva, Agni è un Loki in potenza; “tiene il piede in due scarpe”.
E cosa dire dell’Agni dell’Epopa, presentato talvolta come un distruttore cieco (l’incendio del romitorio di Apava, la storia dell’infante bruciato, nel Mahabharata) e come adultero (paradarika).
Infine non è escluso che sia stato assimilato al diavolo presso i Germani cristianizzati: il diavolo è, come indica il suo nome Greco, un calunniatore, e i rapporti di Loki con il fuoco non potevano che favorirne questa indicazione.
9 Lodhurr e la triade della Voluspa
Questo Lodhurr, per ora molto poco conosciuto, che la strofa 18 della Voluspa associa a Odino e a Hoenir in una triade divina che crea la prima coppia umana a partire da due alberti, Askr e Hembla, è stato indentificato con Loki da W. Krogmann.
Questa identificazione è stata rigettata da E. Polomé che preferisce comparare Lodhurr con il Liber romano. Ma questa ipotesi lo conduce a privilegiare la versione eddica del mito e separarlo da quella della Gylfaginning ; e soprattutto la triade parallela della Haustlong, dove Loki prende il posto di Lodhurr è difficile da scartare.
Al tempo stesso l’ipotesi [Polomé] non ha convinto R. Boyer, che si attiene all’identificazione tra Lothurr e Loki. Al suo seguito riprendiamo in considerazione il parallelo tra la versione della Voluspa strofa 18 e della Gylfaginning, capitolo 9. Nella sua versione degli avvenimenti Snorri attribuisce l’animazione dei due alberi ai “figli di Bor”, triade divina primordiale, composta da Odino, da Vili e da Vé.
Il primo – Odino – dona il soffio (ond) della vita (lif); il secondo – Vili – dona l’intelligenza (vit) e il movimento (hroering); il terzo – Vé – dona la sua forma (asjon), la parola (mal), l’occhio (heyrn) e la vista (sjon). Come ricorda Polomé, Vili e Vé non sono altro che delle ipostasi di Odino.
Si tratta della prima similitudine con la versione della Voluspa che associa a Odino, dio supremo, un dio minore, Hoenir, e uno sconosciuto.
Inoltre, nelle due versioni, Odino conferisce il soffio, ond, (Snorri vi aggiunge “la vita”: si tratta proprio del soffio vitale). Oppure, conferisce l’odhr, l’ispirazione, del quale egli è il detentore, sin dalle origini, con indica il suo nome.
Pertanto è al pallido Hoenir che la Voluspa attribuisce questo dono; questo Hoenir che un mito celebre associa a Mimir, “memoria”, senza il quale egli si rivela incapace di emettere il minimo segnale.
Dato che Snorri non menziona affatto l’odhr molti interpreti hanno messo in equivalenza questo termine della Voluspa e il “vit” della Gylfaginning.
Al contrario l’odhr non ha mai assunto il significato di “intelligenza”. Il senso comunemente attestato di “ispirazione” è in accordo con la personalità essenzialmente passiva di Hoenir che nel mito poco sopra evocato si limita semplicemente ad esprimere ciò che Mimir gli ha ispirato.
A l’odhr della Voluspa corrisponde non già il vit “intelligenza” che è associato all’azione, hroering ma la parola e il senso (occhio e voce). L’ispirazione è dunque ridotta alla mera “percezione sensoriale” e la parola poetica al linguaggio ordinario.
Ma colui che conferisce queste facoltà si chiama Vé, sacro: si tratta inizialmente dell’ispirazione che è di origine divina, di una natura sacra. Essa è stata conferita da Odino come abbiamo visto; ma le due versioni gli sostituiscono uno specialista Vé o Hoenir. Infine il misterioso Lodhurr dona i suoi buoni colori, indici della salute e segnala Polomé della buona nascita, il comportamento (laeti) e un terzo attributo espresso per un vocabolo di senso controverso “là” (“calore vitale”, “capigliatura” o “sangue”?).
Dal confronto di queste due versioni del mito ne esce che tra gli dei, il principio inferiore, l’anima vitale (ond) è conferita per il dio supremo Odhinn; il principio superiore l’ispirazione, da uno specialista (questo principio è rappresentato in Snorri dalle sue manifestazioni più banali).
Tra i due un principio “intermedio” che possiamo qualificare come dinamico è conferito da Vili “volontà” presso Snorri, da Lodhurr nella Voluspà. Questa analisi ci conduce a rapportare questi tre principi dei tre guna del Samkya indiano, della quale l’origine indoeuropea è stata dimostrata.
Il principio superiore corrisponde al Sattva, principio luminoso e divino, gli dei che lo conferiscono nella mitologia scandinava giocano un ruolo modesto, ma sono al tempo stesso legati a questo principio: Vé per la sua natura sacra, Hoenir per la sua qualità di ispirato (totalmente dipendente dall’ispirazione). Il principio inferiore, omologo del tamas indiano (inteso come tenebra) è conferito da Odino, sia perché si tratta di un principio fondamentale, comune a tutti gli esseri animati, sia perché Odino è in primis un dio del cielo notturno. Quanto al principio intermedio corrispondente al rajas indiano (il rosso) è naturalmente conferito da Lohurr/Loki fuoco della “Voluspa”: così come il fuoco vitale esso dona i “colori adeguati” (Loki è bello, così come testimonierebbe Snorri nella Gylfaginning, 33).
Il colore rosso è tradizionalmente associato a questo principio favoriscono l’interpretazione di là come “sangue”, ma le altre due sono ugualmente ammissibili. Presso Snorri, l’intelligenza “vit” e il movimento “hroering” sono conferiti da Vili volontà, desiderio: si tratta di due manifestazioni dell’attività cosciente che si manifesta tramite il “comportamento” laeti: per il suo carattere attivo il principio corrispondente contrasta con l’odhr “ispirazione”, del quale abbiamo rammentato la natura passiva. Il confronto delle due versioni del mito germanico tra di loro e con la triade dei guna del Samkhya ci conduce a porre le sotto riportate corrispondenze:
Divinità | Attributo conferito | Samkhya | ||
Fonte “Voluspa” | Fonte “Snorri” | Fonte “Voluspa” | Fonte “Snorri” | guna |
Hoenir | Vé | ispirazione | parola | sattva |
Lodhurr | Vili | colori adeguati, bellezza, sangue e fuoco | intelligenza e movimento | rajas |
Odhin | Odhin | soffio | soffio vitale | tamas |
Di questi tre principi uno è comune agli esseri viventi: il soffio vitale. Gli altri due sono ripartiti in modo differenziato: i “colori”, notoriamente, variano secondo la casta, che definiscono così come indicati dal Rigsthula. E l’ispirazione è privilegio di pochissimi.
La leggenda iranica della prima coppia umana presenta numerose concordanze con la leggenda germanica delle quali una risulta particolarmente significativa. Secondo il Bundahisn Masjnagh e Masjnagh nascono da una pianta di rivas alla quale Ohrmazd conferisce il soffio vitale. Questa pianta è cresciuta per un terzo dalla semente emessa da un essere primordiale nominato Gajomard “Vita mortale” e raccolta da Spendarmath “La Terra”. Le altre due sementi sono state raccolte da Nerjosang, il messaggero degli Dèi che non è altri che il fuoco, Nairyo.sanha dell’Avesta. Il testo non precisa l’origine di queste due sementi, ma è facile indovinarlo: sono i principi superiori, come il sattva e il rajas indiani, l’intelligenza e il fuoco vitale degli scandinavi, che non sono accordati in egual misura a tutti gli uomini.
10- Logathore c la triade della fibula di Nordendorf
Una fibula del settimo secolo dopo cristo ritrovata a Nordendorf (Germania) riporta una iscrizione runica che inizia per una triade divina Logathore Uodan Uigithonar. Le ultime due forme sono facilmente identificabili: si tratta di *Wodana e *Thunara. La prima non può che rappresentare che uno dei grandi dei del pantheon germanico e si conviene vedervi una designazione di Loki o quantomeno il suo nome originale Lodhurr, per evoluzione fonetica normale e Loki come ipocoristico.
Resta da determinare il significato di questo raggruppamento, che ha un parallelo nella leggenda del gigante costruttore. (Gylfaginning).
- Polomé mette in dubbio il rapporto stabilito da Krogmann tra Lodhurr e Logathore, al quale accosta, sicuramente a giusto titolo l’aggettivo anti inglese logdhor, logedher “astuto” “furbo” (qalificazione propria al mago, aspetto che ben si conviene a Loki).
A questo aggettivo che Holtausen classifica privo di etimologia la presente ipotesi permette di darne uno: il primo termine potrebbe essere il nome della fiamma *lugen e il secondo derivato dalla radice indoeuropea *Terh attraversare, vincere; il composto a valore di aggettivo significherebbe “colui che vince, che attraversa la fiamma”: la parola di fuoco più ardente che il fuoco stesso.
Come abbiamo visto nel caso precedente, l’interpretazione di una triade permette di mettere in evidenza il tratto specifico di ciascuna delle sue costituenti.
*Wodana essendo la divinità delle casta degli *erila “nobili” e *Thunara della casta degli ka/erla (soldati villici) saremmo tentati di dare un significato sociale alla tripartizione.
Ma Logathore potrebbe rappresentare il dio degli *thragila (servitori)? Se egli è identico Loki sarebbe poco probabile: Loki è certamente come ha dimostrato Dumezil uno di quegli esseri “ai margini” di nascita inferiore trattati da inferiori ma al tempo stesso non è un thraell; da nessuna parte viene indicato che Loki abbia una qualche relazione con questa casta.
La forma che presenta qui il nome di *Thunara suggerisce un’altra possibilità. Il primo termine uigi è stato interpreto come il radicale del verbo *wigja, denominativo dell’aggettivo *wiha “sacro”, dunque “consacrare”.
Or dunque è con l’azione del suo martello che *Thunara consacra: il suo dominio è quello dell’azione (e in particolare dell’azione violenta). Inversamente, *Wodana fa agire, ispira, manipola ma agisce raramente in prima persona.
Quanto a Loki egli è in ragione della sua parola che agisce; per questa parola di fuoco che costituisce il centro della sua personalità.
L’abbiamo visto nel caso dell’incendio del palazzo di Aegir, con il mondo illusorio di Udgardhloki, che è quello della parola. Egli è l’istigatore dell’omocidio di Baldr del quale Hodr non è che lo strumento.
Alla base della triade della fibula di Nordendorf non troviamo altro dunque che la triade ereditata di pensiero, parola, azione.
11 – Loki e Odhinn
Queste osservazioni e le ipotesi che le fondano donano la chiave dei rapporti tra Loki e Odhinn: rapporti così stretti che Strom è arrivato a concludere che esistesse una identità originale, ad un Loki “ipostasi di Ohinn”.
In realtà, non si tratta di una identità originale, ma piuttosto di una convergenza. Odhinn, ho piuttosto il suo predecessore germanico *Wode/ana è il dio del furore sotto tutte le sue forme, notoriamente poetico (questo è il significato principale di Odhr); il suo dominio è il cielo notturno, incluso quello invernale, notte dell’anno e la morte, notte eterna (tutti aspetti “varunici” di questa divinità sovrana; così come a Mitra può essere associato *Tiwa, nota del traduttore).
E’ così che si costituisce una coppia sovrana antitetica con *Tiwa il cui dominio è il cielo diurno e il chiaro pensiero: di fronte ad un *Wode/ana “dionisiaco”, *Tiwa è “apollineo”. Questa coppia celeste contrasta globalmente con il dio del temporale *Thunara il cui dominio è il cielo inferiore e l’azione violenta.
Divinità del furore poetico *Wode/ana si è avvicinato a Loki “fuoco della parola”. Tutti e due contrastano con *Thunara che si limita ad agire materialmente. Essi contrastano anche con *Tiwa per via del loro aspetto notturno: originario presso *Wode/ana esso proviene da Loki attraverso il fuoco funerario e il fuoco distruttore cosmico (quel che si indica con Surt il “nero”); da tale aspetto notturno deriva anche la loro comune pratica della “magia nera” legata talvolta al cielo notturno e al fuoco (il legame tra fuoco e magia appare ad esempio nel rapporto tra il nome dell’Atharveda e il nome avestico del fuoco atar) così come la loro ambivalenza sessuale: secondaria presso Odhin (probabilmente dovuta all’effeminazione legata alla pratica del seidhr) essa è originariamente tipica di Loki.
Queste due divinità si sono dunque avvicinate ma non si sono comunque mai confuse tra di loro. Al momento decisivo, quello del Ragnarok, esse combattono alla testa delle due armate che si affrontano, quella degli dei e quella dei demoni.
12 – Loki e le ere del mondo
Ma quale spazio dovremmo dunque assegnare al Ragnarok nella tradizione Germanica? Dobbiamo forse vederci un’impronta di apocalisse? In questa ipotesi il ruolo di Loki si rivelerebbe secondario. Lo stesso varrebbe per il suo ruolo nella morte di Baldr, che dal canto suo è stato interpretato come una impronta vicino orientale del tema del dio che muore e rinasce.
Ma a buon diritto troviamo strano che i Germani o gli Scandinavi abbiano tratto le loro concezioni dal ciclo cosmico della mitologia vicino orientale del ciclo annuale: poiché questa è, come sappiamo, il significato della morte e resurrezione degli dei come Tammuz, che viene proposto abitualmente come modello di Baldr.
In realtà il ciclo cosmico scandinavo è stato concepito a partire dal ciclo annuale, ma in particolare dal ciclo annuale locale, quello in cui il periodo critico è l’inverno e non sul ciclo annuale vicino orientale dove invece si teme la secchezza dell’estate.
Ecco perché la catastrofe avviene al termine del “grand’inverno”. E’ dunque preferibile vedere in questa concezione, con Dumezil un retaggio indoeuropeo.
In questa ipotesi il ruolo che vi gioca Loki non può essere considerato secondario. A meno di considerare Surt come un doppio di Loki, il ruolo di Loki nel ciclo cosmico non è quello del “fuoco di fine ciclo” (antico indiano yugantakarka), che è il ruolo proprio di Surt,
Il ruolo di Loki è come abbiamo già indicato quello di alleato e precursore di Surt.
Questo ruolo non è necessariamente quello del fuoco: è quello di un personaggio sovversivo simile al nrsamsa indiano.
Un tale personaggio gioca un ruolo determinante nella decadenza che porta alla catastrofe ultima, nella dottrina tradizionale delle ere del mondo.
Ora come ha mostrato R. Boyer esiste presso gli Scandinavi una concezione delle ere del mondo e Loki vi occupa uno spazio centrale.
Tutto inizia con lo spergiuro degli dei evocato dalla strofa 26 della Voluspa. Boyer così commenta: “non considero fortuito il fatto che sia Loki che interviene, nello spingere allo spergiuro, nella maggior parte delle versioni che ci sono state fornite. Se Loki rappresenta “il male” in questo universo è norma che venga visto come l’incitatore allo spergiuro, oppure il suo esecutore”.
Con questo spergiuro appunto finisce l’età dell’oro. E l’era attuale, quella oscura, comincia con la morte di Baldr della quale Loki è certamente la causa. Non è dunque un caso che egli si trovi alla testa dei demoni e dei mostri che attaccano gli dei in occasione del Ragnarok.
In occasione delle precedenti tappe decisive del ciclo cosmico, egli ha agito nello stesso senso, quello della decadenza.
Ha agito in ragione del suo carattere sovversivo. E’ in questo il fiorire dei racconti che lo vedono opporsi ad Heimdallr, in particolare nell’ultimo combattimento in cui si uccidono vicendevolmente.
Heimdallr è una divinità che sotto il nome di Rigr ha fondato e irreggimentato una società, con le sue tre caste differenziate e gerarchizzate. E’ il dio dell’ordine primordiale (confrontabile con il Bhisma del Mahabharata, nota del traduttore) quello dell’era dell’oro.
Difronte a lui Loki rappresenta la sovversione in tutte le sue forme, distruttrice di questo ordine, e causa della decadenza che porta alla catastrofe cosmica: poiché l’ordine del mondo, l’ordine sociale e l’ordine morale sono omologhi; è per questo che il loro destino è legato. Non possiamo che fare nostro senza riserve il parallelo che opera Dumezil in “Mito e Epopea” tra Loki e Duryodhana del Mahabharata : “Quanto a Loki la morte di Baldr rivela la sua vera natura, gli dona la sua vera dimensione che egli terrò per tutto lo svolgersi successivo degli avvenimenti: questo padre di mostri e spirito del Male, di tutta la gamma del male, dai i tiri mancini fino al più grande dei crimini; per la fatalità del suo tipo, provoca la battaglia finale nella quale saranno annientati gli dei e lui stesso con la sua famiglia demoniaca, per fare spazio al regno di Baldr, d’ora in poi associato al cieco Hodhr e aiutato dai figli degli dei scomparsi. Tanto quanto all’Ahriman zoroastriano egli corrisponde egli corrisponde a Duryodhana dell’epopea che è l’incarnazione del peggiore dei demoni Kali” .
Colui che segna l’ultima era del mondo il Kali Yuga appunto.