Un cocktail esplosivo
Ingredienti per un cocktail esplosivo
Chi pensava che il migliore dei mondi possibili fosse sulla via di definitiva affermazione globale ha dovuto ricredersi difronte al persistere di guerre tra Stati, conflitti etnici ad alto tasso di violenza, disastri ambientali di varia entità, il ritorno in forze delle identità culturali, la generalizzata disillusione nei confronti del sistema e così via. Insomma si è ben lontani dall’aver raggiunto il paradiso in terra e non si scorgono rivelazioni rassicuranti. Gli elementi fanno pensare che insidie e imprevisti non siano finiti e anzi contribuiranno a tenere in movimento le cose ancora per un po’ di tempo. Che si tratti di caos globale non ci sono dubbi, e neppure sul fatto che questo stato di cose sia funzionale al tentativo di omologazione mondiale. Tutta una serie di aspetti sembra puntare ad una situazione esplosiva che non è assurdo pensare chiamerà in causa forse per l’ultima volta l’identità culturale europea, o quel che ne resta.
Gli ingredienti di questo cocktail esplosivo sono i seguenti:
– Frammentazione urbana. Complice la graduale chiusura dell’orizzonte circostante, lo spazio vitale si restringe sempre più a un livello individuale. La megalopoli in espansione favorisce la creazione di quartieri e aree connotate etnicamente e culturalmente per questioni economiche e logistiche. Mentre gli autoctoni cessano di vivere la città, la mappa del tessuto urbano si frammenta e viene spartita tra popolazioni straniere.
– Calo demografico. Mentre gli stranieri generalmente hanno famiglie numerose e tendono a essere molto prolifici, gli europei tendono ad avere figli sempre più tardi e in numero inferiore. L’invecchiamento della popolazione autoctona è in crescita mentre le nascite di figli di immigrati sono statisticamente in significativo aumento. Ciò sta a significare che, in mancanza di un’inversione di tendenza, gli stranieri e i loro figli prenderanno il posto di coloro che abitavano in precedenza l’Europa.
– Crisi economica. Generalmente gli Stati europei si trovano in una situazione demografica squilibrata per quel che riguarda la disponibilità di posti di lavoro e i disoccupati in età lavorativa. Questo sta a indicare che l’offerta è molto inferiore alla domanda. Le prospettive lavorative per persone prive di qualifiche professionali restano molto basse, con tutte le conseguenze sociali del caso.
– Sovrappopolamento. L’eccessiva crescita demografica va inevitabilmente a impattare su una realtà urbana disgregata e in espansione. L’alta concentrazione di persone in una stessa area produce le condizioni ideali per il sorgere di conflitti di vario genere. In particolare sarà sempre più chiaro che alla pressione demografica degli “altri”, si consolideranno in senso oppositivo forme di identità tribale, trasformate rispetto all’originale, ma nondimeno fortemente motivanti e contrastive. Stranieri contro stranieri, quartiere contro quartiere, la rete urbana si profila già oggi come il teatro di conflitti di natura culturale ed etnica per il territorio.
– Inquinamento e risorse. I danni reali o presunti all’ambiente sono uno degli aspetti che renderà sempre più precaria la convivenza tra popolazioni estranee. Già si sente parlare di “profughi climatici”. L’illusione di uno sviluppo di marca occidentale globalmente diffuso si scontra in primo luogo con la disponibilità geografica delle risorse necessarie e in secondo luogo con l’equilibrio ecologico locale e mondiale. Il pianeta non potrebbe sostenere uno sviluppo tecnoscientifico generalizzato sul modello occidentale. L’atto meno ecologico che si possa fare è quello di spingere le popolazioni del terzo mondo a lasciare le proprie terre in cerca del benessere che non hanno in patria. Ma da un lato questo significherà un aumento esponenziale dei consumi e dell’inquinamento nei paesi sviluppati e dall’altro uno squilibrio crescente nei paesi di partenza. Senza un’educazione ambientale e tecnologica contestualizzata e resiliente, non solo i paesi del terzo mondo non miglioreranno la propria condizione, ma trascineranno a fondo tutto il globo. È indispensabile che cambi mentalità e che si concepisca la cura e custodia dell’ambiente come un compito radicato, collocato, identitario e contestualizzato secondo criteri non emotivi che vedano con onestà i limiti del possibile e operino con buonsenso.
– Terrorismo. All’indebolimento del senso di appartenenza delle culture europee fa da contraltare l’esasperazione del tutto occidentalizzata di tradizioni religiose trasformate a uso e consumo di soggetti affetti da turbe psichiche. Il terrorismo è una forma di guerriglia strisciante che non può essere combattuta con armi morali o illusioni di sorta: si tratta a tutti gli effetti di una dichiarazione di guerra che vuole sobillare il caos, frammentare ulteriormente la società e colpire in profondità personalità già di deboli e incapaci di reagire. La risposta deve essere in primo luogo culturale, identitaria e deve fare perno su una riappropriazione dei principi fondanti della civiltà europea.
Ecco quindi che tutti gli ingredienti per un cocktail esplosivo sono in moto, in una marcia incontrollata, messa in movimento da una serie di attori più o meno consapevoli fondamentalmente pilotati dallo stesso substrato culturale e dagli stessi riflessi condizionati. Se la politica non saprà fare il passo necessario verso una visione d’insieme che affronti i problemi attuali e prevenga il loro aggravarsi e sommarsi, i popoli europei si troveranno chiamati presto o tardi a una prova decisiva.